Brigata Maiella

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Gruppi di scrittura: lettere della 3E dalla Brigata Maiella
Abbiamo letto tutti insieme la storia di Ennio Pantaleo e il suo libro di memorie “Avevo solo 14 anni”. Ci siamo immedesimati in lui, giovane partigiano della Brigata Maiella, e abbiamo provato ad immaginare le sue emozioni mentre marcia a fianco dei suoi compagni, in regioni d’Italia che non conosce, mentre incontra persone disposte ad aiutarlo o ripensa ai giorni di guerra in Abruzzo e alla sua famiglia rimasta a casa. Nel libro infatti Ennio dice di avere scritto una lettera alla sua famiglia, ma che nessuno la aveva letta perché non c’era la possibilità di recapitarla. Noi quindi abbiamo provato a dare ancora voce ad Ennio, scrivendo al suo posto, inventando una corrispondenza durante la guerra e al ritorno a casa, dopo la Liberazione. Le lettere di Ennio da noi inventate sono rivolte a personaggi descritti nel suo libro, componenti della sua famiglia o che Ennio ha incontrato durante la guerra.
Caro nonno Sante, sono in marcia attraverso l'Emilia Romagna e ogni passo che faccio è una lotta contro la paura e la stanchezza. Non so se ti arriverà mai questa lettera, ma spero che tu possa sentirla nel cuore, anche da lontano. Il paesaggio è così diverso da quello dell’Abruzzo: ci sono campi coltivati che si estendono a perdita d’occhio, durante il giorno è tutto più allegro e fiorito, con i colori caldi della primavera, ma la notte porta con sé un’oscurità che sembra inghiottire tutto, lasciando solo una sensazione di vuoto e di solitudine. Io però cerco di non farmi sopraffare dalla nostalgia. Dentro di me, sento l’adrenalina scorrere nelle vene, una forza che mi permette di andare avanti. Non posso fermarmi, nonno, devo essere forte, come eri tu, quando giovanissimo sei partito per l’America per trovare una vita migliore. Qui incontriamo tante persone lungo la strada, mi colpisce vedere come, nonostante la povertà e la paura, siano disposte ad aiutarci. Ci raccontano le loro storie di sofferenza, di case distrutte, di sogni infranti, ma nonostante tutto, c’è una forza che ci accomuna, una solidarietà che non ti aspetti in tempi così difficili. Le loro facce sono segnate dalla fatica, ma ci mostrano un coraggio che mi fa pensare che non siamo soli, che siamo tutti uniti in questa lotta per la libertà. Nel cuore della gente che incontriamo vedo una forza che mi dà speranza. Nonno, mi manca tutto di casa, e penso a te, alla nonna e a tutta la mia famiglia continuamente, ma ricordo bene la tua forza e mi prometto che, seguendo il tuo esempio, continuerò a lottare con coraggio. Spero di potervi abbracciare di nuovo tutti molto presto, ma fino ad allora, sappi che vi porto nel cuore ogni singolo giorno. Non smettete mai di sperare, perché anche se la strada è lunga e difficile, un giorno tornerò. Con tanto affetto, il tuo Ennio Alessandro P., Diletta C., Margherita R.
Cara mamma, abbiamo appena concluso con successo la nostra missione in Toscana. Adesso siamo in Emilia Romagna, finalmente si esaudirà il mio desiderio di aiutare le persone che abitano in questa regione non ancora libera. Certo sento molto la lontananza da casa e mi mancate tutti, ma allo stesso tempo sono soddisfatto della mia scelta che mette alla prova il mio coraggio. Sono felice di aiutare la gente che soffre perché so cosa vuol dire vivere in miseria, sotto le bombe, con la fame e voglio mettere fine alle sofferenze che gente come me ancora prova. Davanti a questo paesaggio sconosciuto mi mancate tanto, non ci sono più intorno a me le alte cime delle montagne che vedevo a Sulmona, qui è tutto diverso, non c’è traccia di quello con cui sono cresciuto, i torrenti, i sentieri fra i sassi, le salite e le discese. Tutto è pianeggiante, una distesa infinita di campi a perdita d’occhio. Sento un vuoto dentro, quando osservo il panorama, in compenso però i campi verdi e i fiori colorati della primavera riaccendono la luce nei miei occhi. La gente qui è molto gentile con noi, questo mi ricorda molto te, mamma. Le donne, indaffarate tra i lavori domestici e dei campi, ci guardano con occhi riconoscenti, sperando che la nostra fatica metterà fine alla loro sofferenza. Appena ne avrò la possibilità ti scriverò un’altra lettera. Saluta tutti e riferiscigli ciò che ti ho detto, state tranquilli che tornerò presto. Ti voglio bene mamma, il tuo Ennio. Viola S., Alice L., Matilde G.
Gaia A., Matteo T., Pietro C., Letizia R. Cara Signora , non so se avrò mai l'opportunità di rivederla, ma sento davvero il bisogno di scriverle per esprimere la mia gratitudine. In mezzo a tutta la sofferenza della guerra, il suo gesto di accoglienza è stato come una luce che ha illuminato l'oscurità. Non dimenticherò mai la gentilezza e la disponibilità con cui mi ha accolto nella sua casa di Modigliana, facendomi sentire non come un estraneo, ma come parte della sua famiglia. Ricordo ancora le sue parole: mi ha detto che non ha figli, ma che se ne avesse avuto uno, avrebbe voluto che fosse come me. Quelle parole non le dimenticherò mai. Dopo tanto tempo trascorso a combattere, sentire le sue parole così piene di affetto mi hanno fatto riscoprire tutto l’amore che avevo dimenticato. La sua casa, semplice e modesta, è stata per me un rifugio prezioso. Non ero più abituato a stare in un luogo caldo e accogliente. Ogni parte della sua abitazione dava serenità, un senso di protezione che non provavo da tempo. I colori delle pareti, così simili a quelli delle case di campagna, aiutavano a creare un'atmosfera rassicurante, quasi come se il tempo si fosse fermato, cancellando per un attimo l'orrore della guerra. Ma c'è una cosa che mi ha colpito più di tutto: il profumo della sua casa. È stato solo in quel momento che ho realizzato quanto tempo fosse passato dall'ultima volta che avevo sentito un odore piacevole. La guerra porta la puzza del fango, del sudore, della polvere e della paura. Eppure, nella sua casa, per la prima volta dopo tanto tempo, ho sentito un odore diverso, quello della vita, della normalità, della pace. Ora che la guerra è finita, il mio più grande desiderio è che nessuno debba più vivere ciò che abbiamo vissuto. Sogno un'Italia libera dalla violenza e dall'odio, un paese che possa rinascere nella pace e nella speranza. È un sogno che ci siano più persone come lei, pronte a offrire un rifugio, un sorriso, un gesto d’aiuto anche nei momenti più bui. La ringrazio di cuore per tutto quello che ha fatto per me. Porterò sempre con me il ricordo del suo viso, della sua voce e del calore della sua casa, la ringrazio davvero tanto. Con affetto, Ennio
Caro Frederick, ti scrivo ora che la guerra è finalmente finita, nella speranza che tu sia tornato sano e salvo in Inghilterra. Con questa lettera voglio aggiornarti su quello che è successo da quando te ne sei andato dalla mia casa per raggiungere l’esercito inglese. Dopo la liberazione di Sulmona sentivo il dovere di aiutare gli italiani che vivevano nelle regioni non ancora liberate, quindi decisi di arruolarmi nella Brigata Maiella. Ovviamente quando ho cominciato a far parte della Brigata dovetti mentire sulla mia età, avendo solo quattordici anni. Mi ricordo ancora la prima notte che passai come soldato, il mio primo incarico era di fare la guardia al rifugio dei compagni. Ricordo che ogni rumore mi spaventava e pensavo a qualcosa che mi tranquillizzasse. Ripensavo a quando ti incontrai per la prima volta, ero spaventato, ma pronto a correre il rischio di proteggerti portandoti a casa mia. Avevi le scarpe distrutte, la barba e i capelli lunghissimi e mia madre ti ha preparato una bacinella con dell'acqua calda per lavarti. Ripensavo a quando mi raccontavi del campo di prigionia di Fonte d’Amore, avevi sempre uno sguardo triste, dicevi che era un posto tetro e poi lo paragonavi a casa mia, un posto molto più confortevole, e ti tornava il sorriso. Per questo motivo mi sono arruolato, per contribuire alla fine di quella logorante guerra, alle sofferenze dei civili e alle ingiustizie subite da persone come te, costrette a rifugiarsi in una botola sotto il pavimento di una casa. Alla fine il mio sogno si è avverato, la guerra è finita e nessuno dovrà più soffrire. Costruiremo un mondo migliore senza più guerra, ci rifaremo una vita vissuta in fratellanza con chiunque, senza paura, senza violenza. Aspetto una tua risposta e spero che anche tu mi racconterai solo belle notizie. Tuo Ennio Matilde G., Mattia C., Diego R., Ohom A.
Caro Jan, sono passati mesi dalla nostra grande vittoria. Non scorderò mai il 21 aprile 1945, il giorno della liberazione di Bologna, quando ti conobbi. Ci parlammo come riuscimmo, per poco tempo, ma io sentii subito una connessione tra noi, come se ci conoscessimo da sempre. Mi ricordo ancora quando entraste a Bologna, finalmente libera, poco più indietro c’era la nostra brigata di partigiani. Avevo visto più volte i soldati polacchi, avevamo combattuto anche insieme e sempre mi eravate sembrati più grandi e forti di noi, minuti e pochi, ma ho sempre saputo che le sofferenze provate erano state le stesse e in fondo eravamo uguali. All’ingresso di Bologna marciavate fieri di voi lungo le strade della città, e così facevamo noi e tutti gli altri gruppi di soldati. Non potevo credere di esserci riuscito, e probabilmente non avevo ancora realizzato il bene che avevo portato combattendo. I bolognesi applaudivano con grosse lacrime di gioia, ci guardavano con occhi che non penso di riuscire a descrivere, ma sicuramente lessi nei loro sguardi tutta la sofferenza provata fino a quel momento. Molti ci offrirono diverse pietanze preparate in casa, e fu un modo per iniziare a festeggiare. Alcuni iniziarono a suonare diversi strumenti, le donne ballavano con un'energia che non vedevo da tempo e tutti noi ci divertimmo, ridemmo e scherzammo, penso di non aver mai provato così tanta nostalgia come in quel momento. E fu proprio quando mi avvicinai ad un’anziana signora che mi offrì del cibo che ti incontrai. Ti riconobbi come soldato polacco, ci guardammo a lungo e poi inaspettatamente tu mi abbracciasti. Non ci conoscevamo neanche, eppure quell’abbraccio significò molto per me, forse ne avevo bisogno. Nella confusione dei festeggiamenti sentivo poco quello che dicevi, capii solo che, come me, sentivi il bisogno di aiutare gli altri perseguitati dal Nazismo; penso che mi raccontasti della tua famiglia che tanto amavi, ma la cosa che mi colpì di più fu la descrizione del duro viaggio che avevate affrontato, ero rapito dalle tue parole, quelle poche che avevi imparato nella tua permanenza in Italia. Ti scrivo questa lettera perché voglio farti notare la nostra somiglianza, cresciuti in due paesi diversi eppure con le stesse idee, vorrei averti come amico con cui parlare ogni giorno e spero che anche tu ogni tanto ripensi a quel 21 aprile. Spero che al tuo ritorno a casa ti abbiano accolto come ti meriti. Il tuo amico Ennio. Viola S. e i compagni della 3E